Premessa

Stare in Comunità e lavorare con i ragazzi favorisce una fusione tra due professioni: quella dell’educatore e quella dello psicologo, creando di diritto una “nuova professione”.

Aver passato e condiviso in struttura, negli ultimi dieci anni, giornate e momenti pieni di gioia e carichi di dolore ci ha permesso di conoscere la vita ed i rituali dei ragazzi e delle loro famiglie.

Parlare con loro quotidianamente e comprendere i loro comportamenti, a prescindere che il loro ingresso in struttura fosse legato a motivi di disagio familiare, a reati commessi, alla presenza di disturbi psicologici conclamati o sommersi, o alla provenienza da un’altra terra, ha rappresentato un’opportunità per farsi accettare nonostante le difficoltà.

Far emergere il senso che i ragazzi danno alla loro vita passata e a quella di tutti i giorni, l’importanza di capire come vengano percepiti i rapporti familiari, come considerino i genitori, cosa pensino delle altre famiglie, quali siano i loro modelli della vita reale e di quella cinematografica, come si sentano con sé stessi e come ascoltino le loro emozioni, hanno animato il nostro lavoro quotidiano in struttura.

Abbiamo cercato quindi di conoscere i loro ambienti di vita, scolastica e non, e di capire quali e quanti ruoli si trovano a rivestire durante la giornata.

“Agganciare” gli adolescenti significa cercare di pensare come loro, parlare come loro, ascoltare i loro miti e le loro avventure quotidiane, riuscendo così ad accorciare la distanza cronologica e generazionale, , mantenendo come obiettivo la creazione di un sentimento positivo di fiducia, stando attenti a non cadere nei tranelli della “simmetria”, che potrebbe creare delle fratture nella relazione.

Lavorare con gli adolescenti richiede inoltre la creazione di un’alleanza con la famiglia che, quando è basata sulla fiducia reciproca e sulla condivisione di aspettative realistiche, è in grado di promuovere una “regia condivisa” rispetto alle possibili soluzioni da adottare.

Queste nuove e “ricche” professioni portano con sé anche nuovi modi per intervenire in situazioni di disagio e difficoltà. È infatti partendo da queste faticose considerazioni che ci siamo trovati a studiare e riflettere per anni su quale potesse essere, per una parte di questi ragazzi, un servizio capace di mantenere viva l’opportunità di partecipare alla creazione di un’identità e al tempo stesso di rispondere al bisogno famigliare di sentirsi “uniti”.

Dopo un lungo percorso di studio, lavoro e fatica abbiamo riflettuto sulla necessità di dare vita ad un nuovo modello di intervento rivolto ai minori in stato di disagio socio-culturale, in grado di promuovere l’autonomia dei sistemi familiari e di ridurre il ricorso a percorsi di allontanamento e di inserimento comunitario.

IL PROGETTO “DIURNO+”

Il capovolgere il processo del “percorso comunitario”, in tutti i suoi passaggi dall’ingresso in struttura, all’accoglienza, all’intervento psico-educativo sui minori e sul nucleo familiare, sino al rientro in famiglia, ha aperto nuovi scenari e nuove metodologie che si basano sul principio del “portare la comunità a casa del minore”. Un percorso alternativo che possa però mantenere e garantire le caratteristiche tipiche del percorso comunitario, finalizzato dunque a fornire un accompagnamento educativo e psicologico, caratterizzato da accoglienza e familiarità, volto a produrre un cambiamento positivo nel Minore e a supportarlo nel raggiungimento dei suoi scopi personali.

Da ormai cinque anni abbiamo così definito un Servizio Psico-Educativo Domiciliare, dove con “Servizio” si intende un’azione volta ad intervenire sul sistema famiglia, “Domiciliare” riguarda il luogo privilegiato entro il quale si svolge il lavoro ed il termine “Psico-Educativo” assume un duplice significato, riferendosi da un lato alle figure che intervengono nel programma e dall’altro agli ambiti di vita che vengono coinvolti nel progetto. Il “Diurno+” tenta di inserirsi tra due strumenti di tutela convenzionali quali interventi residenziali/ semiresidenziali e domiciliari classici.

Il lavoro viene svolto da un’équipe multidisciplinare, la quale struttura un intervento individualizzato ed altamente personalizzato sulle caratteristiche del minore (PEI) e della famiglia (PEF), garantendo un’azione destinata alla presa in carico globale di tutto il nucleo.

Le stesse figure che compongono l’équipe psico-educativa presente in comunità vengono affiancate al nucleo familiare: educatori, psicologi, coordinatori e responsabili. Inoltre, al fine di monitorare e condividere l’andamento del percorso, vengono adottati alcuni strumenti tipici del contesto comunitario, come il colloquio di “restituzione” con le famiglie, il “diario di bordo educativo”, le “riunioni settimanali di équipe” e il lavoro di comunicazione e di constante interscambio con la “rete esterna” nella quale è inserito il minore (contesto scolastico, contesto sportivo, contesto di socializzazione ecc.).

Il lavoro con i ragazzi, coinvolgendo tutti i contesti di vita significativi, si configura come un intervento a 360 gradi. Nel progetto l’interesse prioritario è la tutela del benessere del minore che viene coinvolto in ogni fase dell’intervento e nel quale si cerca di favorire una sempre più piena consapevolezza di ogni azione prevista.

Il modello che utilizziamo si qualifica per un piano di lavoro definito EFP, operante a livello Educativo, Familiare e Psicologico, che si rivolge dunque al minore e contestualmente alla famiglia. Il modello di intervento intende abbracciare tutte le dimensioni della vita del Minore, attraverso l’elaborazione di un progetto “ecologico-sistemico”, che si sviluppi sulla dimensione educativa, su quella psicologica e che coinvolga l’intero nucleo familiare.

L’intervento domiciliare richiede cura, delicatezza ed attenzione perché le figure psico-educative entrano di fatto all’interno dello spazio personale dell’altro, frequentando una casa ed una quotidianità altrui. Nella prima fase dell’intervento, dunque, si dedica particolare attenzione alla costruzione dell’alleanza fra la famiglia e l’équipe di lavoro, promuovendo l’instaurarsi di una relazione fatta di scambio, confronto e di fiducia, che possa garantire una buona “compliance” per la famiglia e per il minore stesso.

Tutto questo rappresenta una risposta efficace ed innovativa ai nuovi bisogni espressi dal territorio.

Le sfide quotidiane che il tessuto sociale presenta, e le molteplici forme che il disagio adolescenziale e minorile ad oggi assume, ci portano, in qualità di professionisti del settore socio-sanitario, ad intraprendere un percorso di continuo accrescimento, studio e trasformazione.

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IL SERVIZIO PSICO-EDUCATIVO DOMICILIARE “DIURNO+”