Dai segnali di fumo ai Social
di A.Gasparroni, M.Frejani, E.Petrenga e F.Rossetti
Il modo di comunicare ha attraversato una serie di fasi nelle storia dell’uomo, che vanno da un metodo molto primitivo fino a raggiungere quello che vediamo oggi attraverso i vari mezzi di comunicazione, i quali hanno trasformato il mondo in un piccolo villaggio. La comunicazione si è diretta verso la costruzione di un rapporto dell’individuo con gli altri e il trasferimento dei messaggi può avvenire attraverso l’espressione personale diretta o indiretta.
Per trasmettere un messaggio e per essere certi che ne venga compreso il significato da chi lo riceve, le velocità di trasmissione e il contenuto possono variare, un metodo impensabile per gli uomini del mondo antico.
L’ambiente naturale creava grandi barriere in questo campo, poiché il tempo e le distanze governavano i rapporti tra gli uomini e questi potevano superarli attraverso metodi rudimentali seppur efficaci, come l’uso del fumo durante le ore diurne e l’accensione delle fiaccole durante la notte, con relativi significati comprensibili per tutti.
I mezzi di comunicazione cominciarono mano a mano a svilupparsi nei secoli, a cominciare dall’invenzione della stampa a carattere mobile da parte del tedesco Johannes Gutenberg nel 1456.
Seguì il telegrafo, un sistema di comunicazione a distanza ideato per la trasmissione di dati facendo uso di determinati codici. La prima grande infrastruttura telegrafica della storia dell’uomo nasce nella Francia rivoluzionaria del 1793 con il telegrafo ottico dell’inventore francese Claude Chappe basato sulla trasmissione di segnali ottici a distanza. Tuttavia, l’invenzione telegrafica che ebbe maggior successo fu quella brevettata da Samuel Morse nel 1837.
Nella seconda metà del 1800 inventori e scienziati propongono uno strumento nuovo e più potente del telegrafo: il telefono, capace di trasportare la voce umana a distanze elevatissime.
Nel 1871 venne inventato il primo telefono da Antonio Meucci, poi perfezionato da Alexander Graham Bell negli anni seguenti, quindi la radio, frutto di una serie di esperimenti tenuti alla fine dell’Ottocento che dimostravano la possibilità di trasmettere informazioni tramite le onde elettromagnetiche. Nel 1860 James Maxwell studiò il carattere ondulatorio della luce, dell’elettricità e del magnetismo; in seguito, Heinrich Hertz riuscì a studiare e produrre le onde elettromagnetiche e grazie a questo studio Guglielmo Marconi e Nikola Tesla riuscirono ad elaborare il sistema di trasmissione senza fili garantendo la trasmissione di informazioni a grandi distanze.
All’inizio del Novecento nacque la televisione. La sua invenzione fu il risultato del lavoro svolto da molti scienziati e inventori tra cui Alexander Bain, ma fu l’inventore scozzese John Logie Baird a costruire nel 1925 il primo prototipo realmente funzionante di televisore
Infine il computer che passa da macchina calcolatrice a vero e proprio computer (nel senso di dispositivo programmabile) nel 1883 grazie a Charles Babbage che progetta, senza tuttavia realizzarla, la sua Macchina analitica. Sarà soltanto nel XX secolo che, grazie ai progressi nel campo dell’elettronica e dell’informatica, il computer diventerà quello che conosciamo oggi.
Tutte queste invenzioni hanno contribuito alla modernità e hanno portato a risparmiare tempo, fatica e denaro agli esseri umani, facilitando e velocizzando le relazioni tra loro.
Facebook , Instagram e WhatsApp sono i mezzi più usati al mondo per interagire e con un semplice click puoi trasformare qualcuno in “amico” in un istante, allargando a macchia d’olio la cerchia di conoscenze.
Ma l’amicizia, quella vera, ha bisogno di condivisione, affetto e fiducia, tutte cose che si costruiscono grazie al tempo.
Secondo un recente studio, sono minimo 200 le ore che è necessario trascorrere insieme per parlare di un rapporto amicale profondo, mentre si parla di 40/60 ore per un’amicizia occasionale.
Un altro aspetto di criticità risiede nel fatto che le amicizie prevalentemente mediate dai social network mancano di alcuni aspetti fondamentali che costituiscono un’autentica relazione umana. Grandi assenti sono il corpo e il linguaggio non verbale, che permettono di comunicare sfumature emotive fondamentali all’interno di una relazione.
Seguire le pagine social, scambiarsi emoticon o like, e chiacchierare in una chat non possono ovviamente sostituire il contatto umano, l’atto del parlarsi e dell’ascoltarsi, e in generale il vivere giorno dopo giorno esperienze quotidiane assieme.
Inoltre sui social network è più semplice mentire, camuffare il proprio stato emotivo, pubblicare contenuti che proiettino un’immagine di sé poco corrispondente a quella reale: è più facile insomma mostrarsi diversi da quelli che si è.
Attraverso una conoscenza profonda possono emergere punti di forza e fragilità e la sincerità è sempre un aspetto fondamentale nella costruzione di un’amicizia autentica.
Per questo dobbiamo allontanarci dell’uso eccesivo dei social e concentrarci sulla creazione di una vera amicizia, per vivere nel mondo reale non in quello immaginario.
Oggi giorno ci sono molti social nel web che vengono utilizzati da tutti e a tutte le età.
Quelli più utilizzati sono Instagram, Facebook, Whatsapp, Tik Tok, Snapchat, Telegram, Twitter, Chat di incontri e spesso con un semplice like o un commento sotto una foto ci si sente già in confidenza con quella persona.
Il fatto che si possa creare una prima conoscenza tra ragazzo e ragazza mandando un semplice messaggio ci espone a grandi rischi perché se da dietro lo schermo ci sentiamo sicuri non è detto che poi, faccia a faccia, riusciremo a costruire una vera e propria relazione.
Anche il telefono dovremmo utilizzarlo solo per le cose principali, come per lavoro o per la scuola e non farlo diventare parte di noi, avendo la sensazione che senza di “lui” non possiamo stare: la nostra vita va ben oltre il social.
I social possono essere ancora più pericolosi, sconvolgere le nostre idee, metterci in testa un sacco di sciocchezze, fino a portare persone più deboli o sensibili all’autolesionismo o addirittura al suicidio, inseguendo un assurdo gioco o uno stupido trend lanciato sul web.
Il 23 gennaio 2021 a Palermo è successo un fatto sconvolgente: una ragazzina di 10 anni si è tolta la vita per seguire una sfida lanciata sul social Tik Tok.
La bambina, perché di bambina si tratta, si è legata una cinta al collo per partecipare a quella che viene definita Blackout challenge, una delle sfide mortali che corrono sui social, che prevede la compressione della carotide fino al soffocamento.
Durante questo assurdo gioco la giovane si stava riprendendo per poi pubblicare il video sul web e diventare la regine di Tik Tok.
Questo fatto deve farci riflettere sul nostro bisogno di sentirci popolari e di quanto in questo modo si dimostra di tenere poco alla propria vita: se vogliamo renderci visibili basta molto meno e soprattutto rimanere se stessi.
Dopo questa vicenda Tik Tok ha messo delle restrizioni per l’accesso alla piattaforma, chiedendo l’età prima dell’iscrizione e limitando così l’accesso ai più piccoli d’età, ma è l’esempio di tutti che può aiutare a impedire ancora queste disgrazie.
Nonostante tutto, la tecnologia e i nuovi metodi per comunicare possono aiutarci in tante occasioni e rivelarsi essenziali in momenti particolari come quello che stiamo ancora attraversando a causa della pandemia di Covid-19.
Dall’inizio di questa emergenza sanitaria, all’interno delle scuole e dalle nostre case, abbiamo imparato ad utilizzare piattaforme digitali di cui prima non conoscevamo nemmeno l’esistenza: Google Meet , Classroom, Google duo, Zoom, Skype, strumenti molto utili che ci hanno reso possibile il corretto svolgimento delle attività scolastiche.
Naturalmente anche questi metodi possono esporci a dei rischi (l’esposizione prolungata di fronte allo schermo può provocare problemi alla vista o altri disturbi) ma come in tutte le cose la moderazione è il modo migliore per preservarci.