Intervista alla Comunità per Minori “Gallignano”
di Pierotti, Fiorentini, Di Leo, Zagarese e Paoletti
1) Quali sono i ruoli e i tipi di intervento richiesti delle diverse figure?
Ci sono delle figure professionali variabili e diverse all’interno della comunità, come quella dell’operatore sociosanitario, come quella dell’educatore e quella del coordinatore. Partiamo dalla figura dell’educatore, perché comunque sia è la figura principale che lavora e opera all’interno nella struttura della comunità. L’educatore è quello che sta ventiquattr’ore su ventiquattro a contatto con i ragazzi, ovviamente il suo lavoro sarà diviso secondo una turnistica: ci sarà l’educatore che lavorerà la mattina, l’educatore che invece lavorerà nel pomeriggio e quello che lavorerà durante la notte. Però è la figura che sta più a stretto contatto con i ragazzi. Supporta i ragazzi nei momenti difficili. È la figura che passa e trascorre il tempo con i ragazzi facendo attività, passando momenti positivi e momenti più difficili. A questa figura viene integrato sicuramente il lavoro dell’operatore sociosanitario. La figura del Oss è una figura indispensabile nelle strutture. È colui che si occupa a 360 gradi della gestione anche organizzativa, per quel che riguarda l’operatività proprio all’interno della struttura, quindi parlo dell’area cucina, area pulizia, area ordini e alimentari. Il suo ruolo è anche quello di trascorrere il tempo anche con i ragazzi, quindi stare a stretto contatto con loro. A differenza delle altre strutture, la figura dell’Oss è ancora più coinvolta nella vita dei ragazzi che sono ospiti qui. Poi c’è la figura del coordinatore, il quale si occupa di gestire a 360 gradi sia l’area operativa, quindi proprio l’intervento concreto nei confronti dei ragazzi: organizzando attività, routine, incontri anche con l’esterno e intendo di servizi, incontri con le famiglie, incontri con altre figure professionali; sia quello anche di organizzare la gestione dell’equipe educativa: organizzare la turnistica, organizzare la struttura giornaliera delle giornate nel breve o lungo periodo. Questi diciamo sono i ruoli con i compiti che ci sono all’interno della struttura, con le diverse figure professionali.
2) Dalle altre interviste sappiamo, ad esempio nella Cantera, la comunità per mamme e bambini, che vengono fatti ogni due settimane dei tamponi, anche qui succede la stessa cosa?
Sì, assolutamente sì. Ogni 14 giorni noi utilizziamo una convenzione per sottoporci al tampone, sia noi equipe, quindi noi lavoratori; ma anche i ragazzi, gli utenti. Un esempio, domani verso le 8:45 saremo tutti noi sottoposti al tampone.
3) Qual è la routine quotidiana dei ragazzi che vivono all’interno della comunità?
La routine quotidiana dei ragazzi varia sempre a seconda del singolo caso, perché noi ospitiamo ragazzi del territorio, quindi ragazzi italiani che avranno una struttura organizzativa giornaliera di un certo tipo; come ospitiamo ragazzi stranieri, quindi minori stranieri non accompagnati, che avranno un’altra struttura giornaliera. Se prendo e faccio l’esempio di un ragazzo italiano diciamo che presenta una routine quotidiana simile a quella di un ragazzo che si trova fuori dalla comunità. La mattina andrà a scuola e quindi porterà avanti un percorso scolastico, perché stiamo parlando sempre di ragazzi minori. Anche per quanto riguarda la nostra comunità, essendo una comunità educativa, noi cerchiamo di lavorare sull’inserimento sociale, sull’aspetto sociale, sulla socialità dei ragazzi. Durante il pomeriggio i ragazzi si dedicheranno: allo studio, a fare determinate attività, ad uscire accompagnati dall’educatore. Per quanto riguarda invece un ragazzo straniero avrà un altro tipo di routine: porterà avanti un percorso scolastico collaborativo, con delle tempistiche e degli orari diversi, rispetto comunque ad una scuola pubblica frequentata dai ragazzi del territorio. Ci saranno degli obiettivi diversi, i quali renderanno la sua routine quotidiana diversa rispetto ad altri ragazzi, come ad esempio lo studio della lingua italiana. L’obiettivo è quello del raggiungimento di una maggiore autonomia e orientamento sul territorio. Quindi diciamo che questa è la routine quotidiana dei ragazzi che noi ospitiamo.
4) Che tipo di rapporto invece c’è fra il ragazzo e l’educatore?
Come avevo specificato prima, l’educatore è la figura che per più tempo sta ha contatto con i ragazzi all’interno della giornata, all’interno del percorso stesso del ragazzo in comunità. Diciamo che si instaura un rapporto molto forte. Ovviamente, è un rapporto caratterizzato da una rilevanza emotiva molta intensa, perché appunto l’educatore trascorre momenti belli, momenti piacevoli, alternati a momenti più difficili da parte dei ragazzi; perché comunque è la figura che lo accompagna nei momenti più critici e difficili all’interno del corso del suo percorso. La missione dell’educatore è molto intensa, molto complessa e molto importante; quindi a seconda anche della qualità del lavoro dell’educatore si instaurerà un certo tipo di rapporto, piuttosto che un altro. Noi, come equipe educativa, previlegiamo sicuramente quella che è la relazione, quindi l’aspetto relazionale nei confronti del ragazzo: solo attraverso questo aspetto, solo attraverso un buon operato, rispetto questo punto fondamentale si riesce a tener duro, quindi a mantenere ben saldo un setting anche per quel che riguarda il regolamento normativo. L’aspetto normativo viene mandato avanti parallelamente a quello relazionale, ma dando sicuramente la priorità a quello relazionale. Solo tramite la forza su questo aspetto si riesce poi a portare avanti il resto. Quindi il rapporto che si crea è molto intenso, molto solido, sempre parallelamente alla qualità del lavoro che l’educatore fa con il ragazzo.
5) Quali sono le attività che i ragazzi svolgono durante l’estate?
Essendo una comunità, vengono proposte delle attività a 360 gradi. Noi cerchiamo di coinvolgere i ragazzi su diversi aspetti, su diverse attività che possano coinvolgerli, andando a toccare, magari, vari aspetti che per loro sono significativi. Ad esempio, un mese fa degli educatori hanno strutturato un’attività basata sul rilassamento emotivo attraverso il disegno. Quindi, andando a disegnare su tela con dei pennarelli tutto ciò che magari ai ragazzi passasse per la mente. Si andava a lavorare su determinati punti emotivi che, messi su tela, magari generavano una sorta di rilassamento emotivo nei confronti dei ragazzi. Questa è un esempio di un’attività che viene strutturata all’interno della comunità. È vero che qui dentro c’è la vita vera dei ragazzi. Non si tratta di un centro estivo dove vengono proposte attività giornalmente. Qua i ragazzi vivono, quindi noi, ovviamente, in maniera prestabilita, strutturiamo delle attività che possano aiutare i ragazzi su determinati aspetti per loro importanti. Oltre a queste, cerchiamo di strutturare un planning mensile estivo per ciascun tipo di ragazzo: ci sarà un ragazzo che farà il tirocinio nello stabilimento balneare, il ragazzo che farà un’attività di volontariato in canile, un ragazzo che si dedicherà allo sport, perché magari non è mai riuscito a portare avanti un impegno costante nel corso della sua adolescenza. Quindi puntiamo sulla costanza, sul farli mantenere un certo tipo di impegno sotto questi punti. Quindi partiamo sempre dal singolo caso, per poi rendere il planning individuale o variabile a seconda proprio della singolarità di ciascun ragazzo.
6) Com’è stata affrontata la situazione Covid all’interno della struttura?
Sicuramente, inizialmente è stata veramente una doccia fredda perché noi ci siamo ritrovati in una situazione, più grossa di noi, che non avevamo mai gestito, che ha creato e crea tutt’ora delle grosse problematiche e difficoltà. All’interno, essere catapultati dentro questa nuova situazione non è stato semplice, sicuramente. Detto ciò, questa situazione, e parlo del primo periodo del Covid, ha reso il gruppo, educatori e ragazzi, molto più coeso. Noi ci siamo ritrovati in lockdown lavorando. L’educatore o comunque il lavoratore, aveva una routine quotidiana caratterizzata da casa-lavoro. Questo ha fatto sì che noi equipe abbiamo avuto modo di vivere meglio, diciamo, la prima parte della pandemia. Vivendo meno la sensazione di chiusura caratterizzata proprio dal lockdown. I ragazzi invece hanno vissuto una situazione un po’ diversa: si sono ritrovati sempre rinchiusi all’interno della comunità. Questo è andato avanti per diversi mesi. Contro le nostri previsioni, tutto ciò non ha fatto altro che rafforzare sia il gruppo educatori, quindi la equipe educativa, ma anche il gruppo ragazzi. Infatti noi ci ricordiamo della parte iniziale della pandemia, come di un periodo dove il gruppo ragazzi, il gruppo equipe si è rafforzato e abbiamo avuto modo di guardare ad aspetti diversi, a cui prima facevamo meno caso. Quindi noi ci ricordiamo di quel periodo, perché ci ha rafforzato. Ovviamente, nel corso dei mesi le problematiche si sono diversificate. C’è stata la problematica a eventuali casi positivi, alle eventuali quarantene preventive, al contatto con l’esterno: tutto il sistema di precauzione che ogni ragazzo ha dovuto imparare e comprendere e impiegare all’esterno. Quindi diciamo che le problematiche si sono diversificate, si sono ampliate a 360 gradi. Ad oggi possiamo dire che abbiamo trovato una sorta di solidità per quanto riguarda questo aspetto, riuscendo ad adattarci ai tanti imprevisti e da situazioni problematiche, causate dalla pandemia, grazie anche all’impiego nella maniera operativa e più efficace delle linee guida e delle norme.
7) Sono tutti disposti a seguire le regole o le attività proposte dalla comunità?
Assolutamente no, diciamo che noi abbiamo ovviamente un regolamento interno che necessariamente i ragazzi devono rispettare. Però si tratta di ragazzi, adolescenti, con dei problemi di rispetto delle regole che li hanno fatti entrare qui, quindi nei primi mesi la mancanza dell’adattamento a questo regolamento interno è un grosso ostacolo. Ovviamente, noi siamo preparati in questo. Ecco perché prima, specificando la risposta precedente, ho sottolineato l’importanza dell’aspetto relazionale parallelamente a quello normativo. Perché se l’equipe fa un lavoro solo esclusivamente sul regolamento interno, quindi sull’aspetto normativo, questo rischia di essere il fine a sé stesso: il ragazzo si ritrova a sottostare ad un regolamento che fondamentalmente non capisce, fa fatica ad adattarsi a questo regolamento e poi non lo rispetta, perché non ha instaurato un rapporto di rispetto con le figure educative, non c’è stima. Noi lavoriamo molto sull’aspetto relazionale ed emotivo nei confronti dei ragazzi. Quindi, solamente portando avanti questo tipo di rapporto si riuscirà poi ad aiutare il ragazzo a rispettare il regolamento interno.
Ovvio che, facendo un lavoro di questo tipo, ci saranno sicuramente delle difficoltà. Ci saranno comunque ragazzi che non rispetteranno le regole o vorranno scavalcare, diciamo, questo confine normativo. Il lavoro nostro è proprio quello di riuscire a far sì che con la relazione, con un legame emotivo, rivisitato magari a quello che il ragazzo era abituato prima dell’ingresso nella comunità, lo stesso minore possa modificare anche le sue abitudini, i suoi atteggiamenti e il suo stesso comportamento per quanto riguarda problematiche di questo tipo.
8) È difficile interagire con ragazzi appena entrati in comunità?
Come ho specificato prima, parliamo sempre di casi singoli che entrano in una dimensione di gruppo: noi abbiamo il gruppo comunità dove sono inseriti tutti i ragazzi e tutti gli educatori. Ogni caso è un caso singolo, quindi l’educatore che lavora a livello relazionale e emotivo nei confronti dei ragazzi lo farà singolarmente, per ciascun tipo di ragazzo. È vero che le modalità di relazione che l’educatore userà nei confronti di un ragazzo saranno diverse nei confronti di un altro ragazzo: magari lo stesso ragazzo potrebbe richiedere delle modalità relazionali diverse. Io posso parlare con un minore utilizzando un linguaggio più schietto, chiamiamolo da strada, perché so che il minore necessita di una relazionale di quel tipo lì per essere agganciato. Quando invece posso relazionarmi ad un altro minore che non mi richiede quello stesso tipo di slang, quello stesso tipo di linguaggio e quindi magari mi relazionerò con lui in un altro modo. Ci troviamo anche di fronte a situazioni per cui il minore non è abituato alla relazione: è diffidente nei confronti dell’altro, è diffidente nei confronti dell’adulto e quindi non parla. In quel caso noi dovremo essere preparati anche ad affrontare problematiche o dinamiche relazionali di questo tipo. I ragazzi sono seguiti a livello psicoterapeutico anche dal terapeuta della struttura, che lavorerà parallelamente a noi su aspetti psicologici, emotivi e relazionali dei ragazzi.
9) Come sono i rapporti tra i ragazzi all’interno della struttura?
Diciamo che non è semplice per i ragazzi convivere altre individualità. Magari ci possono essere delle difficoltà all’interno di un nucleo famigliare molto piccolo, figuriamoci in un gruppo comunità composto da undici minori. Ci saranno sempre dei rapporti più solidi, più validi anche dal punto di vista qualitativo della relazione rispetto ad altri. Ovvio, le difficoltà relazionali non mancano. Spesso e volentieri ci troviamo di fronte a situazioni per cui l’unica modalità che un minore ha di affrontare un conflitto relazionale con un altro è sicuramente una modalità ostile, conflittuale o aggressiva. Quindi ci saranno dei casi in cui magari anche gli stessi minori litigano fortemente: sfiorando o raggiungendo lo scontro fisico. Quindi, ci troviamo di fronte difficoltà molto intense sotto questo punto di vista. Sempre, il nostro lavora sta nel mediare, quindi nel fornire ai ragazzi degli strumenti ulteriori rispetto a quelli di cui loro sono già in possesso. Integriamo ulteriori strumenti relazionali, emotivi, cognitivi a tutti gli strumenti che possiedono, in modo tale che nella gestione del conflitto relazionale riescano a guardare alternative: l’alternativa relazionale, l’alternativa anche da un punto di vista di rielaborazione emotiva. Questo può aiutare loro non solo nello specifico conflitto, che si trovano ad affrontate in quello specifico momento con un altro minore, ma può giovare loro anche nella vita per affrontare tante altre situazioni.
10) È mai capitato che un ragazzo scappasse? Se sì, in quella situazione cosa avete fatto?
È capitato. Sono eventi che posso capitare nella comunità, anche perché parliamo di una comunità educativa. I ragazzi non hanno delle restrizioni fisiche anche a livello di spazi interni alla struttura: non è permesso loro di uscire nello spazio esterno della struttura, quindi i ragazzi sono in giardino e ovviamente devono rispettare un regolamento interno. Se un ragazzo non ha l’autonomia, può uscire solo con l’educatore. Se il ragazzo, invece, ha un’autonomia, può utilizzare questa autonomia seguendo il nostro specifico regolamento interno per i ragazzi che utilizzano l’autonomia. Deve quindi necessariamente, uscire con l’autonomia dalle 14 in poi per tornare alle 20:30. Ovviamente, capita il caso in cui il ragazzo si allontana senza autorizzazione della struttura. Noi in quel caso, utilizziamo delle procedure a livello proprio burocratico: vengono avvisate le forze dell’ordine, tutte le varie figure professionali e i vari enti che collaborano con noi e che hanno in carica il ragazzo. Stiamo parlando anche di servizi sociali, terapeuti che vengono informati per via e-mail o telefonicamente. Oltre questo aspetto burocratico e amministrativo noi ovviamente siamo anche costretti, e lo facciamo assolutamente con piacere, ad operarci a livello proprio operativo per recuperare il ragazzo. Se il ragazzo ha intenzione di scappare e non è ancora scappato noi mettiamo tutti gli strumenti emotivi e relazionali che abbiamo per impedire lui di farlo. Se poi il ragazzo in qualche modo scappa correndo, sale sul primo autobus e si allontana, noi cerchiamo sempre di fare in modo di recuperarlo: chiamandolo, cercandolo nei dintorni della struttura o nei centri della città. Poi, non nego, che spesso non riusciamo a recuperarlo perché il ragazzo non si fa trovare e quindi non rientra subito in struttura. Però il compito, nel corso del suo allontanamento, è di andare a recuperarlo fisicamente e di riportarlo in struttura. E non solo fisicamente ma anche a livello relazionale, quindi senza nessun tipo di imposizione ne fisica ne costrittiva.
11) All’interno della comunità ci sono mai stati scontri, anche pesanti, tra i ragazzi?
Si. Come dicevo prima, sono eventi che possono capitare. Stiamo sempre parlando di ragazzi che spesso possono presentare delle grosse problematiche a livello relazionale, a livello di gestione relazionale del conflitto. Quindi l’unico strumento che possiedono è proprio quello dello scontro: esprimere con aggressività la mancanza relazionale che in quel momento il ragazzo può avere nel risolvere un conflitto. Se io faccio fatica a relazionarmi con un altro ragazzo per risolvere un conflitto, in qualche modo mi sento sconfitto su quel lato lì. Quando mi sento sconfitto l’unico modo che ho è quello di agire, quello di esprimere con aggressività questa sorta di difficoltà che ho nella gestione del conflitto. Questo è proprio il lavoro nostro: dare strumenti ulteriori e alternativi ai ragazzi che possano permettere loro di risolvere o almeno di prendere in considerazione soluzioni alternative di fronte a gestioni di conflitti da un punto di vista relazionale. Però certo, capitano delle situazioni per cui i ragazzi arrivano allo scontro, arrivano a scontrarsi anche fisicamente. Nostro compito è, in quel caso lì, mediare la conflittualità che emerge. Vero è che spesso e volentieri ci impegniamo anche a separare i ragazzi quando succedono queste cose qua. Non neghiamo che spesso e volentieri l’educatore, fisicamente, impedisce ai ragazzi di giungere allo scontro fisico.
12) Fare gli educatori di adolescenti è difficile?
Devo rispondere sì. Mi sento di dire sì, ma è un sì che ha delle sfumature molto positive. Nonostante sia intenso e difficile lavorare a stretto contatto con delle realtà molto problematiche, sono delle realtà che danno molto piacere e soddisfazione quando vengono portate avanti. Quando il percorso viene portato avanti a stretto contatto con il ragazzo e quando si raggiungono gli obiettivi, quando si affrontano dei momenti difficili, si riesce finalmente a comprendere il fascino di questo lavoro. È quindi molto difficile, ma allo stesso tempo è un lavoro, è una missione che genera molta positività e, anche a livello di autostima, per quanto riguarda l’equipe, sono fattori che sono molto importanti per noi che lavoriamo qua. Nonostante sia una missione complicata, se fatta con passione e nella giusta maniera, genera molta soddisfazione e se gestita con professionalità funziona anche molto bene.
13) Gli ospiti della comunità hanno un proprio telefono? Se sì, hanno libero accesso ai social?
Si, i ragazzi hanno un proprio telefono e hanno anche libero accesso sui social. Ovviamente noi prestabiliamo delle norme per quanto riguarda l’utilizzo del cellulare. Sempre a seconda del singolo caso, perché ci saranno dei ragazzi più piccoli che vengono da un contesto famigliare dove l’utilizzo del cellulare non era mai vietato, quindi non ci ritroviamo a che fare con ragazzi che vivevano con il cellulare in mano, vivevano inglobati nel mondo di Internet e hanno un’età magari molto lontana dalla maggiore età. In quel caso lì, ci adoperiamo per prevenire sul singolo caso: stabilendo una tempistica, per quel che riguarda l’utilizzo del cellulare, molto inferiore rispetto ad un altro ragazzo che può non presentare problematiche di questo tipo. Ovviamente, cerchiamo di adattare una linea generale per quel che riguarda le tempistiche dell’utilizzo del cellulare trasversale a tutti i ragazzi. Infatti, a prescindere dalle tempistiche specifiche per ciascun caso di utilizzo del cellulare, il cellulare è consentito dalle ore 12 fino alle 23:30. A quel ora i ragazzi dovranno consegnare il cellulare all’educatore, che li posiziona dentro una cassa all’interno dell’ufficio, per poi restituirli il giorno dopo alle ore 12. Nella fascia di orario notturna e di prima mattina, anche per far sì che i ragazzi possano dedicarsi a delle attività, il cellulare non è consentito. Nel resto della giornata ci potrebbero essere dei ragazzi che utilizzano il cellulare solamente per tre o quattro ore. Altri ragazzi invece lo possono utilizzare fino alle 23:30 e hanno comunque libero accesso ai social. Ovviamente, se emergono delle problematiche particolari, all’interno di una piattaforma social, siamo pronti ad intervenire sotto quel punto di vista lì.
14) Ci sono serate organizzate per intrattenere tutti gli ospiti della comunità, come per esempio delle serate cinema?
Si. Per quel che riguarda il cinema, una delle attività che abbiamo proposto per più tempo è quella del cineforum, sempre portato avanti da un educatore specifico, il quale proponeva dei temi da trattare attraverso film e discussioni post-film. Ovviamente, sono delle attività prestabilite, strutturate che non necessariamente vengono portate avanti nella serata in sé. Questo perché l’educatore che è di turno nella sera, sicuramente, trascorrerà del tempo positivo facendo anche attività, se così vogliamo chiamarla, con i ragazzi facendo cinema.
Un’attività strutturata, come quella del cineforum, caratterizzata da visione del film e discussione, viene fatta all’interno della giornata perché c’è maggior presenza di educatori, quindi si può fare lavoro più specifico e diverso. Vengono anche organizzate serate particolari, quando per esempio noi equipe stiamo tutti a cena insieme con i ragazzi, magari con delle cene etniche. Quando i ragazzi stranieri hanno concluso il Ramadan, abbiamo fatto una cena etnica cucinata da loro tutti insieme. Poi certo quando ci sono delle feste particolari, come la sera del 31 dicembre o delle altre serate, tendiamo ad organizzare queste serate diverse dalle altre, cercando sempre di rimanere nei limiti stabiliti: i ragazzi non possono uscire la sera, a meno che in situazioni specifiche non si decide con due educatori di fare un giro in centro.
15) Hanno la possibilità di vedere i propri familiari? In caso di risposta affermativa ogni quanto tempo?
Varia a seconda dal singolo caso. Possono esserci ragazzi che ne hanno la possibilità, e quindi viene accompagnato da noi o dal terapeuta fino a raggiungere una certa continuità. Solitamente nel primo periodo il ragazzo non vede la famiglia. Ci saranno dei mesi in cui il ragazzo inizierà a sentirla solo telefonicamente, con delle chiamate protette. Chiamate protette significa che il ragazzo chiamerà in vivavoce, con la presenza dell’educatore, la famiglia in giorni ed orari prestabiliti. Dopodiché ci saranno delle modifiche a questa strutturazione, sempre a seconda del lavoro che sia il ragazzo che la famiglia portano avanti parallelamente. Se ci saranno dei riscontri positivi, ovviamente, ci sarà una concessione sempre più graduale: verrà aumentata la frequenza delle chiamate per poi giungere a determinati incontri con il ragazzo e la presenza dell’educatore, per poi magari giungere a degli incontri solo con il ragazzo e la famiglia in autonomia, fino a raggiungere sempre di più, quando il ragazzo giunge alla fine del percorso nella comunità, a fare dei pernottamenti a casa. Ci sarà un rientro caratterizzato da: due giorni a casa per poi tornare in struttura. Fino a che non ci sarà uno sgancio graduale. Però, ogni lavoro, ogni intervento che noi facciamo, lo portiamo avanti in maniera graduale e in maniera specifica su quel singolo ragazzo.